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Storia della Giornata internazionale della donna

inserita il: 02/03/2021 08:24

Storia della Giornata internazionale della donna

Storia della Giornata internazionale della donna

Il 16 dicembre 1977 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite propose l’istituzione di una giornata per i diritti delle donne e per la pace universale. Lo scopo della giornata era quella di ricordare non soltanto le conquiste economiche, politiche e sociali delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze che ancora subiscono.

La scelta del giorno venne lasciata ai singoli paesi, nel rispetto delle loro tradizioni storiche e dei costumi locali. In molti paesi la scelta cadde sull’8 marzo, giorno in cui – più di altri – le donne erano state protagoniste di grandi eventi e che finì con l’affermarsi in tutto il mondo come la "Festa delle donne".

Secondo una tradizione ancora oggi molto diffusa nel nostro Paese, la data dell’8 marzo fu scelta per ricordare centinaia di operaie morte, proprio quel giorno del 1908, in una fabbrica di camicie a New York, la “Cotton”. Si tratta però di una leggenda: nei registri del Museum of the City of New York, dove viene mantenuta la memoria di tutti gli incendi che hanno devastato la città, dell’episodio non c’è traccia dell’episodio così come della "Cotton".

Alla base della leggenda c’è probabilmente l’incendio della "Triangle Shirtwaist Company": il più grave incidente industriale nella storia di New York, avvenuto il 25 marzo 1911 e in cui persero la vita 129 donne, quasi tutte immigrate italiane ed ebree dell’Europa dell’est.

La scelta dell’8 marzo intende celebrare non un lutto ma due grandi momenti della lotta per la rivendicazione dei diritti sociali ed economici delle donne.

Il primo è la marcia di circa 15.000 donne avvenuta l’8 marzo 1908 lungo le strade di New York. Lo slogan era "Bread e roses": pane, per simboleggiare la sicurezza economica, e rose, per rivendicare una migliore qualità della vita.

Il 28 febbraio 1909, su iniziativa del partito socialista, venne organizzata negli Stati Uniti la prima Giornata nazionale delle donne: una manifestazione che univa alle rivendicazioni sindacali e sociali quelle politiche relative all’introduzione del suffragio universale per le donne.

Il secondo evento ricordato dalla data dell’8 marzo è la manifestazione organizzata proprio per quel giorno del 1917 dalle donne russe contro la Prima Guerra Mondiale. Una manifestazione considerata da molti studiosi come il primo vero atto della Rivoluzione russa di febbraio, quella che portò alla deposizione dello Zar e che fu preludio alla più celebrata rivoluzione d’ottobre. In Russia la prima festa della donna si era tenuta il 3 marzo 1913 su iniziativa del partito operaio socialdemocratico.

La prima proposta di istituire una giornata mondiale per le donne venne discussa nell’agosto 1910 a Copenaghen durante la seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste. Sebbene nei documenti noti non risulti alcuna risoluzione a proposito, la giornata delle donne iniziò ad essere celebrata in alcuni paesi europei.

Il 19 marzo 1911 viene festeggiata per la prima volta in Germania, Austria, Svizzera e Danimarca, il 18 marzo in Francia e il 1° maggio in Svezia (in concomitanza con le manifestazioni della Giornata del lavoro). Negli Stati Uniti continuò ad essere festeggiata l’ultima domenica di febbraio.

La festa della donna non era una ricorrenza annuale: basti pensare che in Germania e Francia, dopo il 1911, venne riproposta rispettivamente soltanto l’8 marzo e il 9 marzo 1914.

In Italia la festa delle donne arriva, sempre con connotazioni politiche e di rivendicazioni sociali, soltanto nel 1922 per iniziativa del Partito Comunista. La feste venne ripresa già durante la Seconda guerra mondiale per iniziativa dell’Unione donne in Italia (Udi), che l’8 marzo 1945 celebrerò la giornata della donna nelle zone dell’Italia libere dal gioco nazi-fascista. L’anno seguente l'Udi scelse come simbolo della festa la mimosa, una pianta originaria dell’isola di Tasmania, in Australia.

Il primo "8 marzo" nazionale fu quello del 1946: l’anno in cui le donne italiane votarono per la prima volta.

 

Approfondimento: in ricordo delle "Fabbrichine"

"Quante volte le ho vedute passare dall’opificio alto, serrato nelle sue rosse muraglie, tetre come quelle di un carcere e di un convento medioevale, nella sale degli ospedali; pallide, disfatte, consunte dalla clorosi e dall’anemia, vittime della miseria e della fame. Eppure erano entrare nella fabbrica ricche di vita, di energie e di speranze".

Lavoravano per dodici ore al giorno, dalle sei del mattino fino a mezzogiorno. Quando la mattina andavano al lavoro, in molti al sentire il rumore dei loro zoccoli si svegliavano: "senti, passano le Fabbrichine…".

Secondo una relazione del 1861, nel pisano erano 2086 le operaie tessili: un numero destinato a crescere negli anni successivi, parallelamente allo sviluppo delle manifatture. Nel 1888 erano attive, limitatamente al nostro territorio, fabbriche a Asciano, Gello, Mezzana, Molina di Quosa, Pappiana, Pontasserchio e Pugnano. Nel 1910 Pontecorvo costruirà poi la grande fabbrica della Fontina, ancora oggi visibile.

L’ingresso delle donne nelle manifatture non è accompagnato da alcun riconoscimento sociale: ancora alla fine del XIX secolo una parte importante della classe dirigente giudica negativamente il lavoro femminile, considerato promiscuo e potenzialmente disgregatore del costume e della moralità tradizionali. Uno dei proprietari della grande filanda di seta di Calci, che pure impegna tante donne, Rinaldo Ruschi nella sua relazione del 1869 all’Esposizione agraria e industriale per le provincie di Pisa e Livorno ritiene la tessitura a domicilio più consona alla funzione naturale di moglie e madre della donna

Le condizioni di lavoro variano da fabbrica a fabbrica: in quelle periferiche si registrano i salari più bassi e gli orari più lunghi. Nel 1888 le operai dello Stabilimento Meccanico Rossi-Paoletti di Putignano scioperarono per ottenere la diminuzione dell’orario del sabato pomeriggio.

Nei primi anni del XX secolo le donne rappresentavano la componente maggioritaria dei lavoratori delle fabbriche pisane. Impiegate non soltanto nel settore tessile, ma anche in quello del vetro e della ceramica o nelle fornaci e successivamente nelle industrie alimentari, le donne saranno a lungo sottopagate rispetto agli uomini anche a parità di mansioni. Una condizione che durerà a lungo: ancora negli anni Cinquanta i salari femminili continuavano ad essere inferiori di oltre il 30%.

L’avvio del difficile percorso per la conquista della piena parità, ancora ben lontano dal potersi dire completato, coincise con la crisi dei luoghi tradizionali dell’occupazione femminile. A partire dagli anni Settanta la presenza femminile nell’industria iniziò drasticamente a diminuire, diventando sempre più precario e meno visibile. Il lavoro femminile torna nel sommerso e nella piccola e piccolissima impresa familiare.
 

Testo di Alessio Pierotti
Qr code a cura di Sergio Stelli